Non chiamatelo solo illustratore 

È già passato un mese dall’avventura di Sarmede! Questo mese la mia destinazione sarà…Udine!

In realtà la prima tappa è stata Passariano di Codroipo nello splendido scenario di Villa Manin. Già vederla lì, così imponente dalla strada che le si pone davanti, vado indietro in quell’Ottocento dominato dalla figura di Napoleone Bonaparte e del famoso trattato di Campoformio o Campoformido. Insomma le premesse ci sono, in più bisogna aggiungere che la villa è ormai è un luogo in cui vengono ospitate importantissime mostre d’arte. È qui che fino al 19 marzo si svolge una mostra dedicata ad un artista che definirlo solo illustratore è riduttivo Sconfini di Lorenzo Mattotti. 

Classe 1954, e considerarlo solo un illustratore  non ci fa comprendere davvero la personalità e il quid artistico del nostro protagonista.

La sua lunga carriera iniziata negli anni ’70, continua in un crescendo di successi e collaborazioni.

La grande esposizione è davvero ricca di arte e spunti e sarebbe difficile riassumere tutto lo spettacolo visto nelle ore trascorse lì. Dallo Slancio iniziale, con una sezione che raccoglie per l’appunto l’arte della danza e del circo, in cui i corpi dei protagonisti sono ripresi in momento liberatore, si passa ai grandi progetti a cui Lorenzo Mattotti ha lavorato con editori stranieri.

Ad esempio la ghaphic novel “Caboto“del 2003. Un’opera storica, voluta su commissione dal’editore spagnolo Planeta in occasione del cinquecentenario della scoperta dell’America. Il protagonista è un mercante, esploratore, astronomo e cartografo della Serenissima, appunto Caboto. Le matite colorate e i pastelli si fondono in un tutt’uno e proprio i colori ci aiutano ad entrare nel pieno della narrazione e si alterna a fotocopie a colori di documenti storici. Il protagonista dell’opera è pieno padrone di se, mentre il narratore resta in ombra. Incontriamo così i primi riferimenti di Mattotti a pittori che lo ispirano e che in questo caso lo aiutano a portarlo nel pieno dell’epoca vissuta da Caboto. Perdersi nelle sfumature del colore nella struttura del racconto ed è un peccato che, da quanto mi risulta, uscito dal mercato italiano è stato solo recentemente riproposto come inserto da un importante quotidiano nazionale.

Il terzo incontro è con la psiche e la magia. In particolare è l’incontro poi espresso in disegno di uno degli autori che sono intervenuti nella formazione di Mattotti stesso, Henri Michaux. Poeta, scrittore, nonché pittore nella sua vasta produzione ha scritto il libro Passaggi, un libro che affronta tutti i generi e tutte le cifre stilistiche, un testo tosto per un adolescente ma che presuppuneva una via verso quell’arte che avrebbe saputo poi mettere quelle suggestioni nero su bianco. Nel catalogo troviamo anche un’altra spiegazione e legame con il poeta belga, la volontà e la ricerca di quei paesi immaginari il cui scopo è quello di proteggersi da una realtà estranea. Forse tutti noi ricerchiamo un posto in cui sentirti al sicuro e come sempre gli artisti sono coloro che hanno uno strumento in più. La capacità di renderli reali almeno sulla carta.I disegni esposti sono stati pubblicati sulla rivista Mano (1996 – 2011) pubblicazione pensata espressamente per il web (era il 1996) e si occupava di disegno e fumetto, potendo vantare importanti collaborazioni. Insomma con una linea sottile e continua, ma fatta anche di linee più ispide, Mattotti riesce a dare visione non solo a Michaux ma credo anche a se stesso.

Dialogano con queste opere caratterizzate da un tratto leggero, il tratto più corposo della serie Metamorfosi. Al centro Chimera, anche questo opera pubblicata da Coconino press nel 2011. Osservando le tavole ho sensazione che quel nero, proprio di tutta la superficie sia in costante movimento e il segno della china usata da Mattotti, sia un tratto fluido ed oscillante dal quale fuoriescono immagini che fanno parte di un bagaglio inesauribile di visioni dello stesso Mattotti. Già qui si vedrà l’illustratore e il pittore che nei grandi formati porterà a piena potenza proprio questo colore alla sua massima espressione. Riesce a variare il tratto in leggero e pesante e pesante e leggere intrappolando la nostra attenzione in un vortice di momenti diversissimi

Si passa così dal mondo dell’inconscio a quella della psiche…si va beh non ci distanziamo poi molto… ma questa volta le visioni di Mattotti diventano a colori. Il progetto è un libro che Einaudi nel 2010 propone al nostro. Quella di illustrare le opere di Freud che riunisce anche disturbi molto complessi della nostra psiche, un legame che sembra subito fecondo. Mattotti infatti riconosce subito nello stile di Freud ci sia molto del racconto, poter seguire lo psicanalista nelle sue scorribande letterarie che vanno a braccetto con le mappature della mente che distrugge e ricrea. Cosa ne ricava? Un immaginario straordinario che si nutre di Fellini, De Chirico, Carrà, Casorati, Bacon e i grilli di origine medievale. Ma attenzione ricondurre ad altri autori non è una caratteristica negativa ma vi capire la mente di una autore che come una spugna si ispira al meglio che vuol dire arte.

Ma l’arte così come la vita porta a continui incontri, e chi l’avrebbe detto che Edgar Allan Poe sarebbe stato il tramite per il rapporto tra un pittore e un musicista? Tutto nasce dall’opera di un altro autore, che ha dato il suo contributo all’epoca vittoriana lugubre e gotica, Robert Luis Stevenson con il suo più celebre romanzo Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde. E Mattotti ne ha dato una sua versione con la graphic novel pubblicata nel 2002 ( e ristampata nel 2012) dal titolo Jekyll & Hyde, la sceneggiatura di Jerry Kramsky, una versione non passata certo inosservata se una leggenda della musica Lou Reed arriva a contattare Mattotti e organizzare un incontro a New York, avviando così una collaborazione. Reed del resto già appassionato a questo tipo di cultura gotica, aveva dedicato a Poe uno spettacolo, toccava procedere su quella strada. Non illustrazioni letterali ma la ricostruzioni di atmosfere cupe utilizzando tecniche diverse, non solo matite colorate e pastelli, ma anche pennino e inchiostro.  L’imagerie del nostro artista è ancora nutrita da grandi artisti che al fantastico e alla corrente simbolista.

Spesso le arti si fondono e gli spettacoli teatrali tratti da libri e favole si presentano al pubblico di tutte le età sotto diverse forme, così proprio per la messa in scena al Met di New York dell’opera Hänsel und Gretel, il New Yorker propone a Mattotti di reinterpretare questa celebre favola per i propri lettori. Per Mattotti rievoca ricordi del passato, in particolare il terrore che lo ha colto proprio da bambino. Un ricordo vivo nella sua testa e che la mano riesce a tradurre in incredibili immagini. Ancora la foresta, tra le ambientazioni più amate, ritorna con il contrasto del bianco e nero e con l’uso della china stesa a grandi pennellate che allontano il nostro artista dall’illustrazione più strettamente detta portandolo vicino alla pittura. La caratteristiche delle tele di notevoli dimensioni e l’allestimento danno la sensazione di trovarci al cospetto di una lanterna magica e noi al centro viviamo con trasporto la vicenda dei due fratellini.

Un percorso anche violento quello messo in mostra a Passariano, in cui l’autore non si risparmia dal raccontare la violenza e l’orrore dell’uomo e delle bestie. Ma in cui rimane fantastica la sua linea la sua concezione unica e il senso del colore. A questa violenza si alternano e vengono a sorreggerci figure celesti e angeliche. Proprio gli angeli protettori dei nostri passi… o almeno così dicono.

Ma ecco la sezione che mi ha fatto innamorare del suo stile. La serie degli amanti, nell’acqua o nelle stanze l’intimità che mi hanno sempre trasmesso. Nell’acqua come se si trattasse di una materia primigenia, un liquido che rende i corpi molli e pronti a vivere l’amore. Oppure nelle stanze nel momento della scoperta di quel mondo che è il nostro corpo. I colori, palette di tinte che in maniera netta segnano le superfici in cui sono adagiati questi corpi, pronti a ricevere e donare amore.

La mostra però ci fornisce altresì l’occasione per vedere un Mattotti sconosciuto, oltre i libri, oltre i manifesti! Un pittore vero e proprio che si ispira alle numerose suggestioni della sua ricca vita. Nella serie denominata “Ondulazioni” il viaggio del nostro artista in Patagonia è rielaborato durante il ritorno e una volta a casa dipinge a memoria pensando allo spazio come un grande spartito e movimentando lo spazio come il flusso stesso della musica. Anche i colori nei ricordi dell’artista diventano più ricchi e profondi, irreali ma magnetici consentendoci di vedere in lui autori dal forte colorismo.

La mostra si chiude con un Lorenzo spirituale a seguito di un viaggio a Bali. Qui l’incontro con la cultura ed i materiali (carta nepalese) portano l’autore ad usare colori incandescenti che come in uno specchio d’acqua si espandono su questo particolare foglio. I simboli personali si fondono con i simboli più universali di energia cosmica.

Una mostra da vedere!

Ci si trasferiamo così ad Udine, dove per nostra fortuna è stata inaugurata anche una mostra dedicata al Mattotti esordiente. La sede è Casa Cavazzini, in cui sono conservate le raccolte di arte moderna e contemporanea e fa parte dei musei comunali della città friulana. Un legame rinnovato con la città che è stata vissuta da Lorenzo Mattotti, quindi posto in cui ebbe la prima formazione. Una nota la merita l’allestimento, molto efficace. Oltre l’esposizione a parete si è scelto di proporre dei bei tavoli da studio grafico con tanto di comodi sgabelli in cui ammirare nel dettaglio i fogli protetti dal vetro.

Tra i primi lavori figura il fumetto Alice brum rum del 1977, in cui Alice passa dal Paese delle meraviglie all’autostop in uno stile da giovane hippy. La curiosità sta nella scelta del titolo che nella prima versione si chiamava La realtà è strabica. Giovane ventenne non poteva che essere evidente nella sua l’opera, le suggestioni tipiche dell’età la partecipazione ai concerti oppure gli altri eventi che si svolgevano in quello che era il suo mondo. Ma già si dimostra la sua sensibilità verso l’emarginazione sociale e le problematiche mentali. La sua narrazione si nutre altresì di quell’età fatta di ironia e di sprezzo che ritorna nella sua penna.

Questa mostra aperta fino al 4 giugno del 2017 è una tappa fondamentale del viaggio intorno al mondo di Mattotti.