Il collettivo Nie Wiem lavora per portare alla luce e in un linguaggio grafico la poesia! Probabilmente la pratica letteraria più difficile! Difficile da scrivere come da interpretare, non tradendo le volontà dell’artista e mantenendo le loro caratteristiche di artiste.
Provateci voi a farlo. Per provare ispirazione da e spingervi verso nuovi universi poetici. Per conoscere i versi e le opere delle artiste ve le ripropongo qui. Rigorosamente con testo poetico a fianco, di Miklòs Radnòti, nell’ordine in cui erano esposte qui da Mirror.
<<Disse: Caino parlò dunque con Abele>> poesia interpretata da Loredena Cangini
Abele, fratello io, ieri i ha svegliato l’antica colpa,/ ho ucciso i tuoi nivei sogni e mi sono trascinato / peccaminoso sulla strada notturna dell’inutilità/ tra file di alberi tristi e gelati verso il mattino.
Le mie terre che sanno di sole piangevano vaporose dietro di me/ il mio corpo cacciato, le notturne ansimanti ferite illuminavano/ sul mio volto le rose rosse del pentimento e, come un mendicante,/ rompendo la maledizione,/ ti chiamavo per il grande incontro.
Tu eri santo e quando sei nato/aleggiava la devozione; nel mio lontano giorno/ il cielo tuonava gravido, da assassino caddi a fatica,/ come prima foglia dell’albero amaro che gemeva imprecando.
E sono diventato Caino, sul mio petto sporgente sorgeva il sole/ e la fatica delle mie ginocchia portava l’aurore che mi inseguivi,/ scagliandomi dietro le tue parole di dolore,/rovesciandomi davanti agli alberi tristi e gelati,/ guardie della mia fuga notturna.
Sono inciampato, l’ostacolo mi ha lacerato la carne,/ sono caduto e ho ripreso la corsa, nero e biblico:/sono Caino e ieri mi ha svegliato l’antica colpa,/ sono Caino tu sei Abele!
Tra le frasche chiassose di una palma – poesia interpretata da Roberta Milanesi
Quanto mi piacerebbe accoccolarmi/tra le frasche chiassose d’una palma,/ anima celeste che s’accuccia/in un corpo terreno e tremebondo.
In un consesso di scimmie sapienti/me ne starei seduto lassù in cima/ e il loro stridente schiamazzare/ mi pioverebbe addosso come luce;
apprenderai la loro cantilena/ e insieme a loro lancerai il mio grido,/ osserverei con gaia meraviglia/ che han naso e culo dello stesso blu.
E un gigantesco sole splenderebbe/sugli alberi gremiti in ogni ramo,/ e proverei una vergogna immane/per quel che fa laggiù il genere umano;
le scimmie sì che avrebber compassione,/ in loro è ancora sana la ragione,/ e forse se io fossi uno di loro,/ anche a me potrebbe esser concessa/ la grazia d’una mite e dolce morte.
Diario maschile – poesia interpretata da Cristina Storti Gajani
Sulla cima dei miei giorni siedo, e ne oscillano/ i miei piedi, una nuvola di neve/ mi leva il cappello, e le mie parole/ di quassù, tra penne di gallo/ alzando la polvere, marciano.
Dicono che albeggia al fondo dei fossati,/ e sotto le erbe spiano/ luccicanti grilli, e il letto delle pozzanghere/bevute al sole si entusiasma/ dietro i passi risuonanti.
Forse verrà la tempesta perché/ l’acqua increspata si fa liscia portando i pesci/,/ e il silenzio allarga le gambe/ sopra la strada e con rumori di battaglia/ si prepara a menare le mani.
Ricordo – poesia interpretata da Alice Barberini
Oh io!/ ancora bimbo con la camicia/ ero a braccia alzate/ sotto il cielo e/ il prato era pieno di stelle e coccinelle!/
E’ allora che un dio/ ha distolto da me lo sguardo!
Paesaggio – poesia interpretata da Cristina Sestilli
Nel cielo si sono scontrate due nuvole/ e come nera corona di perle l’acquazzone/ si è rovesciato sul Tibisco!
Tra gli alberi rimasti/ con la fronte appiattita dallo spavento,/la luce del sole traversava fumante, e nella pigra lontananza/ sotto l’acquazzone germogliavano cespugli ridenti!
Ero portato dal vento! Dietro i miei capelli/ come covoni si sono voltati dieci alberi urtati e sette palafitte!
Più tardi sono giunti animali indolenti, davano un cenno/ al passaggio e sul dorso rosseggiava/ l’estate trionfante: ho aperto le braccia/ e agitandole sono volato via lontano
Radici – poesia interpretata da Estella Guerrera
Nella radice guizza la forza,/ beve la pioggia, vive di terra/ e il suo sogno è bianco, di neve.
Di sotto terra urge alla superficie,/ si arrampica ed è furba,/ ha le braccia come funi.
Sulle sue braccia dorme il verme,/ ai piedi della radice siede il verme,/ il mondo si vermifica.
Ma la radice continua a vivere sotterra,/ non si cura del mondo,/ solo dei suoi rami frondosi.
Lei li ammira, li nutre, sapori buoni gli invia,/ sapori dolci,/ celestiali.
Sono anch’io una radice, adesso,/ vivo tra vermi, io, / e qui preparo questa poesia.
Ero fiore, sono diventato radice,/ buia e pesante la terra su di me,/ la mia sorte è compiuta,/ una sega piange sulla mia testa.
Infanzia – poesia interpretata da Valentina Muzzi
Le cornacchie dormivano sull’albero ansimante,/ erano da quindici anni che mio padre s’aggirava in città per il pane e la sua donna/ lavava col sapone profumato/ i capelli bruni della mia sorellina. Ero lì;/ nessuno pensava a me! Il vento portava via/ i petali dei papaveri che rimanevano senza testa; nella pigra oscurità sono arrossite solo sette stelle!/ La lucciola e dietro al recinto distante/ gregge dormiente vegliavano: per non farmi/ portar via dal cielo una bracciata; sapevano/ che sarei diventato lingua di fuoco, sul capo dei signori!
Non posso sapere – poesia interpretata da Elisa Negrini
Per gli altri questo che significa,/ non posso saperlo,/ per me è la patria, questo piccolo paese,/ il luogo della mia infanzia lontana e felice./ Come un ramo debole dal tronco dell’albero/ da esso sono cresciuto e spero che da qua sarò anche sepolto./ Sono a casa. E se un cespuglio si china davanti a me, /conosco il suo nome, il suo fiore,/ so chi cammina per la strada, e dove và, / e so cosa potrebbe significare il dolore/ di un tramonto rosso sulle mure delle case./ per chi vola su un aereo, è solo una mappa, / e non sa Vörösmarty Mihály dove abitava;/ per lui che significa? Fabbrica e caserma, / ma per me: cavalletta, bue , campanile e mite casale;/ nel binocolo egli vede campi e fabbriche,/ ma io anche il lavoratore zelante,/ bosco, frutteto, uva e tombe,/ tra le tombe una vecchietta, che pian piano piange,/ e quello che da sopra una fabbrica ci gioca un cane. / E poi il parco: di vecchi amori conserva la traccia, / la mia bocca ricorda i baci al gusto di miele e fragola. / Sul marciapiede un giorno andando a scuola / per non essere interrogato salivo su una pietra. / Eccola qua, ma di sopra neppur essa si vede/ non esiste apparecchio che la possa rilevare./ É vero, siamo peccatori, noi come gli altri popoli, / e riconosciamo la nostra colpa, quando, come, dove, / ma ci sono anche innocenti, lavoratori o poeti, / e lattanti, in chi crescerà la ragione, / la conserveranno, nascosti in buie cantine, /finché non arrivi la pace nel nostro paese, / risponderanno freschi loro alla nostra soppressa voce. Coprici con le tue grosse ali, nuvola della notte.